martedì, dicembre 05, 2006

parole di un'amica, parole che faccio mie

Che dirti stasera, in questa serata d'inverno, davanti a questo schermo, (altro che siepe leopardiana. .) questo schermo che mi dà accesso ad un infinito mondo virtuale ma mi preclude il contatto col mondo reale?
Questo schermo su cui faccio cadere le mie parole, parole che germogliano poi a kilometri da qui, davanti ai tuoi occhi.Uno schermo però che non ha occhi, non ha espressioni, non ha toni di voce, non ha mani, e non ha calore, uno schermo che non mi risponde, che rimane imperturbabile alle mie avances e ai miei sfoghi di rabbia, che non si concede e non mi allontana.
Bisogna sforzarsi di non guardare il monitor con questo suo biancore fastidioso, questa luce innaturale che stanca gli occhi, questo immutabile luccichio indifferente, e andare oltre , lungo infiniti fili di rame, o cavalcare impalpabili onde elettromagnetiche, o perdersi nell'etere infinito. Sconfiggere i confini fisici e raggiungersi, perchè ci si crede. O ci si illude, che è lo stesso.
E ti raggiungo stasera, o così spero, o così fingo, ma è lo stesso.
Quante parole si perdono dentro sussurri senza voce, quante spiegazioni senza un senso e senza un motivo che sono rimaste impigliate nella gola, tra singhiozzi e colpi di tosse a dissimulare l'imbarazzo. Quante cose non dette rimangono a levitare nell'aria intorno a noi, a svolazzarci intorno come farfalle notturne ubriache. Le immagino queste parole, trasparenti ma visibili appena appena, un'ombra più scura, un frullio di lettere che si inseguono, un battito d'ali e di vocali, un bisbiglio appena percepito. Mosse lievemente dalla nascita di un pensiero , sospinte tra sistole e diastole da un cuore che non si arrende all'evidenza delle cose, e che non ha ancora imparato a tacere.
Ma che dirti, stasera, in questa buia notte d'inverno, che abbia un senso, uno scopo, che sia degno di un nobile fine, che sia socialmente accettabile e politicamente corretto, che non sollevi la polvere che riposa da anni sulle superfici dei nostri cuori mai più spolverati?
Che dire che non sia già stato detto, che non inarchi il sopracciglio, che non provochi un silenzio più denso e allunghi improvvisamente di mille km le distanze? Che silenzio parlare, che silenzio dirti in questa serata, quando solo il silenzio è leggero abbastanza da sopportare? Come ripulire le parole da incrostazioni di sensi inopportuni, e limarle sottili, lucenti e pure, anoressiche quasi nel loro corpo sottile, come farle danzare per te senza darti fastidio, in punta di piedi?
Non trovo parole abbastanza leggere ma forti, abbastanza serene ma furiose, non trovo parole per te stasera.

mou

citan citando

pace

pace